29 maggio 2006

Necci e le automobili

Giunge la notizia della morte di Lorenzo Necci, che durante gli anni '90 fu amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. Necci è stato investito da un'automobile mentre andava in bicicletta.

Porgiamo le nostre sentite condoglianze alla famiglia. Non possiamo però esimerci da un commento. Necci era quello che tagliava i "rami secchi" delle ferrovie, ovvero le linee secondarie, dicendo "è più conveniente regalare un'auto a ogni viaggiatore" (riportiamo da un articolo de Il Foglio del 1998) e convogliando tutte le risorse sul faraonico progetto dell'Alta Velocità. Non si può quindi fare a meno di vedere nella sua tragica dipartita una sorta di nemesi: ha pagato in prima persona le conseguenze delle sue scelte poco lungimiranti, guidate solo dal denaro e non dal senso di cosa fosse socialmente utile. Se oggi avessimo più "rami secchi", e meno auto sulle strade, forse la strage di pedoni e ciclisti che avviene ogni giorno nel silenzio generale sarebbe meno sanguinosa.

Speriamo che altri amministratori sappiano trarre un insegnamento da questa vicenda. Anche se francamente ne dubitiamo.

26 maggio 2006

Perdite radioattive

Greenpeace ci informa che in Normandia, nella zona di La Hague, dove si trova un grosso impianto di riprocessamento di scorie radioattive, le falde acquifere sono inquinate. L'acqua, che viene usata per l'agricoltura e l'allevamento, presenta livelli di radioattività fino a 7 volte superiori ai limiti di legge. Nella zona dell'impianto di Sellafield, l'analogo inglese dell'impianto di La Hague, si registrano tassi di incidenza della leucemia 14 volte superiori alla media nazionale.

Ma anche noi italiani, nonostante il referendum del 1987, abbiamo i nostri problemi. Un articolo di Antonio Massari pubblicato sul Manifesto di ieri ci informa che dalla "piscina" dell'impianto di Saluggia, in Piemonte, dove sono immagazzinate delle barre di combustibile nucleare irraggiato, si verificano delle perdite di acqua contaminata. L'articolo denuncia le reticenze e la scarsa trasparenza della Sogin, la società incaricata della gestione dei nostri rifiuti nucleari, che gestisce l'impianto. La Sogin, che è già stata al centro di polemiche, è anche coinvolta nello smantellamento dei sommergibili nucleari sovietici in disarmo.

24 maggio 2006

La stagione degli uragani

Secondo il Centro di Predizioni Climatiche della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), si prepara una stagione di uragani più intensi del normale sull'Oceano Atlantico. I meteorologi prevedono 13-16 tempeste, di cui 10 diverranno uragani e 4-6 saranno uragani di grande intensità (ricordate Katrina?). Inutile dire che l'aumento dell'intensità degli uragani è una conseguenza del riscaldamento globale, che attraverso il riscaldamento dell'oceano rende disponibile una maggiore quantità di energia per lo sviluppo delle tempeste. Quanto tempo impiegheremo a capire che ridurre le emissioni di CO2 è meno costoso che ricostruire intere città?

22 maggio 2006

Una Chernobyl ante litteram

Non so se avete visto Report, ieri sera. Se non lo avete fatto, vi consiglio di andarlo a vedere sul web, perché meritava davvero. Il servizio principale, sui fondi pensione, era illuminante. Se non lo avete ancora capito, ci stanno rubando il nostro futuro.

Qui però voglio parlare del servizio più breve, quello sui sottomarini nucleari sovietici in disarmo. Forse ancora più agghiacciante, perché rivela come questi sottomarini siano una vera bomba ad orologeria, carcasse che arrugginiscono, ognuna col suo bravo reattore nucleare dentro, nel disinteresse generale, o al più nell'interesse degli speculatori, fra cui noi italiani siamo in prima fila. In effetti, consiglio la visione del video di questo servizio, per rendersi conto dell'entità del problema.

E fra le righe è emersa una cosa interessante e (a me) sconosciuta. Il prof. Boris V. Preobrazhensky, docente esperto di ecologia, ha dichiarato che "Nel 1985 nella baia di Charma, si è verificata una situazione di emergenza. E’ saltato il coperchio di un reattore nucleare di un sommergibile a causa del rigido aumento del volume del reattore per l’acqua che si è riscaldata in fretta. C’è stata un’esplosione a caldo. Il coperchio è volato via. Dieci membri dell’equipaggio che si trovavano lì sono stati letteralmente spiaccicati sulle pareti e nell’aria sono finite grandi quantità di sostanze radioattive". In altre parole, un disastro analogo a quello di Chernobyl si è verificato un anno prima della vera Chernobyl, nel silenzio generale. E noi abbiamo respirato e mangiato, e stiamo respirando e mangiando, quelle sostanze radioattive.

Nel frattempo, la Russia costruisce nuovi sottomarini nucleari (solo negli ultimi cinque anni ne hanno costruiti tre). Né ovviamente gli USA sono da meno. Tra l'altro i sottomarini nucleari, anche quando sono in normale attività, sono molto meno sicuri delle centrali nucleari civili, come ben spiegato in un interessantissimo rapporto del Politecnico di Torino.

18 maggio 2006

Catastrofismo o realismo?

Prendo spunto da questo testo dell'ottima Debora per fare una precisazione su questo blog. Molti penseranno che la mia posizione sia catastrofista, e in effetti la si potrebbe etichettare come tale. Se prendiamo, ad esempio, la crisi petrolifera, che effetto ha avuto finora sulle nostre vite? Fare il pieno costa di più, c'è un po' i crisi, ma tutto sommato si tira avanti, e c'è anche chi continua a fare valanghe di soldi come in passato.

Tuttavia, ci sono paesi con economie più fragili, in particolare in Africa, dove già oggi l'aumento del prezzo del petrolio sta causando miseria, fame e sommosse. In Nigeria, ad esempio, ci sono le code ai distributori. Qualcosa sta succedendo, altrove, e la ragione ci porta a pensare che presto le onde del destino si propagheranno fino a noi. In quel momento, sarà opportuno non farsi cogliere impreparati.

17 maggio 2006

L'Europa e Putin

Riportiamo qui di seguito un bell'articolo di Giulietto Chiesa, in cui si evidenzia molto bene come, nella nuova guerra fredda che si sta sviluppando tra USA e Russia, la debole ed energeticamente dipendente Europa rischia di far la fine del vaso di coccio.

Il Manifesto, 16 maggio 2006
Questione energetica. In ginocchio da Putin
Giulietto Chiesa

Alla luce della nuova guerra fredda, resa esplicita dalla provocazione lituana di Dick Cheney e dalla durissima risposta di Putin, la «questione energetica» dell'Europa (e del mondo) diventa un problema urgente. Anzi «il problema». I tempi e i modi delle decisioni europee cambiano di significato. Il Consiglio Europeo aveva deciso nel 2002 di liberalizzare completamente il mercato europeo dell'energia nel 2007. Si pensava allora solo in termini di «efficienza», «flessibilità», «integrazione«, «concorrenza»: l'armamentario classico del mercato liberista. Poi è venuto l'inverno, e gli interrogativi sono adesso di tutt'altro tipo. La crisi russo-ucraina, e quella mondiale dell'energia, sono ormai evidenti. Il petrolio a 70 dollari il barile, con speranze di decrescita uguale a zero, è solo un tassello. E la questione è che l'Europa ha di fronte a sé il gigantesco interrogativo di dover importare il 70% della energia di cui avrà bisogno nei prossimi 25 anni. Con l'addizionale certezza che, nei prossimi 30 anni, i combustibili fossili saranno la principale componente.

L'idea - giusta - sarebbe quella di un'Europa che parli con una sola voce. Invece la cacofonia impera. José Manuel Barroso ha lanciato un programma basato su cinque idee: unità, integrazione, solidarietà, sostenibilità, efficienza, innovazione. C'è tutto e il contrario di tutto. Tutte le fonti energetiche sono buone, dice il capo della Commissione, inclusa quella atomica. Germania, Francia, Inghilterra non aspettavano certo il suo viatico. La solidarietà è già stata azzerata da Germania e Francia, che si sono messi d'accordo con Gasprom (via Gerhard Shroeder) per il gasdotto sotto il Baltico, che aggira i ricatti potenziali dei baltici e della Polonia. Il governo polacco di destra chiede a gran voce una Nato energetica, per non essere lasciato solo a pagare la bolletta del gas russo (che gli copre il 99% dei suoi consumi di energia). Ma Bonn e Parigi, sono piuttosto seccate entrambe di avere in Europa una Polonia che sta facendo la politica di Washington più che quella di Bruxelles .

Insomma dietro questa disunità energetica ci sono idee diverse, se non opposte, dei futuri rapporti da tenere con la Russia, che - diversificazione delle fonti o meno - continuerà ad essere il fornitore principale dell'energia europea. Tutto l'est europeo, cioè tutti i nuovi europei, cioè tutti i paesi che hanno la maggiore diffidenza verso la Russia, sono pressoché totalmente dipendenti dal gas russo: i tre baltici , Estonia, Lettonia, Lituania, più la Slovacchia,al 100%, la Bulgaria al 94%, la Repubblica Ceca all'82%, l'Ungheria all'81%, la Slovenia al 62%, la Romania al 55%. Il fatto è, però, che l'Europa è altrettanto dipendente e non vuole tirare la corda del Cremlino. Non più di tanto, in ogni caso, anche perché, in nome del mercato, non si può pretendere che l'Ucraina non paghi, a sua volta, la bolletta del gas russo. Il che, in caso di crisi, come si è visto alla fine del 2005, mette l'intera Europa in ostaggio: non della Russia, ma dell'Ucraina.

E poi non sono soltanto gli stati a fare i loro conti. Le imprese tendono a curare i propri interessi prima di quelli dei loro paesi. E vanno a fare accordi separati con la Russia. La quale, invece, gioca a tutto campo con la massima spregiudicatezza. Putin è, di fatto l'unico giocatore di quella parte, avendo il controllo diretto e totale su tutta l'energia russa. E non ha più soltanto l'ambizione - del tutto logica in termini di mercato - di vendere al meglio il suo prodotto, ma anche quella di diventare distributore del gas nei diversi paesi europei.

In Italia l'ingresso dei russi nella distribuzione sembra stia avvenendo attraverso una società mista tra Gasprom e un intimo di Silvio Berlusconi, Bruno Mentasti Granelli, cui l'Eni di Scaroni avrebbe concesso il 25% della società mista Promgas, per fornire a Edison circa 2,5 miliardi di metri cubi di di gas. Un giro di valzer che, tra l'altro, vincolerebbe l'Eni ad associare Gasprom nella vendita di gas russo anche in altri mercati europei. Gasprom si è già assicurata il 35% della società tedesca di distribuzione Wingaz, e sarebbe in procinto di siglare accordi analoghi in Belgio, in Ungheria, nella Repubblica Ceca, con Gaz de France e con British Gaz.

Per ciò che concerne le prospezioni, la Russia sta negoziando la partecipazione di Total allo sfruttamento del gigantesco giacimento di gas di Shtokman, nel mare di Barents. Insomma ciascuno fa i fatti propri, con il risultato che la Russia, attraverso Gasprom, che è la stessa cosa, si sta assicurando una struttura verticale che le consentirà non solo di essere il fornitore non aggirabile di tutta l'Europa, ma anche il distributore del proprio prodotto sui mercati europei.

Il tutto sarebbe un normale capitolo del business, se non fosse che la nuova guerra fredda è già cominciata. Che succederebbe se le relazioni occidentali con Mosca dovessero improvvisamente peggiorare? E qui - cioè sul come fronteggiare questo futuro - le idee in Europa collidono: tra coloro che vorrebbero iniziare subito un nuovo dialogo politico con la Russia, e chi invece sotto l'urgenza americana - vuole mettere sotto pressione Putin, portandogli via altri pezzi del suo cortile di casa.

Il fatto è che le carte del Cremino sembrano, al momento, molto forti. Putin è andato addirittura ad Algeri, accompagnato dal capo di Gasprom, Aleksei Miller, per definire un patto strategico di cooperazione con la Sonatrach. Se si calcola che Sonatrach fornisce all'Europa un altro 24% del suo fabbisogno di gas, con questo ulteriore cartello la presa di Putin diventa fin troppo salda. Diciamo potenzialmente soffocante. Il libro verde-giallo di Barroso dice cose di tutto rispetto, esorta all'innovazione, alla ricerca, alle fonti alternative: tutte cose che dovrebbero sostenere una politica energetica unitaria dell'Europa. Ma senza una politica europea, realistica e autonoma verso la Russia, non si andrà da nessuna parte.

13 maggio 2006

Ma non sarebbe meglio farli sposare?

Scusate, non c'entra proprio niente col tema di questo blog (o forse si?), comunque questa notizia è troppo interessante per permettere che cada rapidamente nel dimenticatoio. Mentre il papa tuona contro i pacs, i suoi accoliti si dedicano al sesso mercenario con transessuali. Ora, io capisco le esigenze della carne, ma non sarebbe meglio consentire a questi monsignori di farsi una famiglia, con partner dell'uno o dell'altro sesso a piacere, invece di incentivare la prostituzione (che non condanno di per sé ma, ricordiamo, ha spesso a monte lo sfruttamento). E soprattutto, visto che questi preti sono molto umani, perché pretendono di erigersi a giudici a censori, e di decidere cosa è giusto, anche per i non credenti?

Dal sito di Repubblica:
Il prelato, trovato nella notte di giovedì da una volante a Valle Giulia, a Roma, lavora per la Segreteria di Stato del Vaticano
Prelato fermato mentre cerca una trans
Prima scappa, poi picchia i poliziotti
La fuga è costata il tamponamento di tre vetture. Gli agenti sono stati medicati in ospedale. L'uomo aveva riposto in auto l'abito talare

ROMA - Si era tolto l'abito talare, l'aveva riposto in macchina ed era in procinto di incontrarsi con una transessuale a Valle Giulia, a Roma. Fermato da alcuni poliziotti per un controllo, ha cercato prima precipitosamente di fuggire, tamponando così tre vetture. Poi, quando i poliziotti sono riusciti a raggiungerlo, li ha aggrediti, tanto che gli agenti si sono dovuti far medicare in ospedale. Il prelato ora dovrà rispondere al magistrato, a cui sono stati inviati ieri gli atti, di oltraggio e resistenza.

L'uomo, che risiede in Vaticano nella Casa di Santa Marta - la residenza che ha ospitato i cardinali per la scorsa elezione del Papa - era nella sua auto, una Ford Focus. La vicenda risale alla notte di giovedì.

Il monsignore è stato fermato da una volante della squadra mobile della capitale. Ad insospettire i poliziotti era stato l'atteggiamento del sacerdote che, forse sorpreso dalla richiesta di controllo, si è spaventato ed è fuggito.

Secondo il rapporto della polizia trasmesso in procura, il monsignore aveva riposto l'abito talare nella vettura. Il sacerdote avrebbe ammesso che era in quella zona, nota a Roma come luogo scelto per la prostituzione maschile e le trans, per incontrare a suo dire "solo maggiorenni e non minorenni".

(13 maggio 2006)

Putin rilancia la corsa agli armamenti

Il presidente russo Putin conferma quanto detto pochi giorni fa dal suo capo di stato maggiore:

Da Euronews:
Vladimir Putin mostra i muscoli. Nel suo discorso annuale alla nazione, il presidente russo ha riaffermato le prerogative del suo Paese in materia economica e militare, a livello internazionale, contrapponendosi nettamente agli Stati Uniti, visti ancora come un avversario. "Il compagno lupo mangia e non ascolta nessuno - ha detto Putin - e non ha alcuna intenzione di ascoltare."
"Il bilancio degli Stati Uniti è, in quanto a valore assoluto, 25 volte superiore a quello della Russia. Cio' vuol dire, nel campo della difesa, che la loro casa è la loro fortezza. Significa anche che noi dobbiamo costruire una casa solida perché sappiamo quello che succede nel mondo."
Ovvero, un rilancio della corsa agli armamenti, come ai tempi dell'URSS. Del resto, come dargli torto, vista la politica estera aggressiva degli Stati Uniti? Solo che le politiche di riarmo sono foriere di cupi scenari per il nostro futuro.

11 maggio 2006

La Russia deve avere un forte esercito

Riprendo da Pagine di Difesa:

Secondo quanto ha affermato lunedì 8 maggio il capo di stato maggiore generale, la Russia deve avere un forte esercito capace di confrontarsi con le sfide attuali, altrimenti finirà per pagare un prezzo elevato per avere trascurato la sua sicurezza. “L’evoluzione a livello globale impone di mantenere elevati standard di capacità tecniche per garantire la prontezza operativa delle forze armate” ha affermato il generale Yury Baluyevsky.

Baluyevsky in un incontro con i veterani della seconda guerra mondiale alla vigilia del giorno della vittoria ha detto che i recenti tentativi di revisionismo sui risultati della guerra sono spesso non costruttivi, negano la verità storica e ingannano la popolazione russa. “Campagne altisonanti lanciate da alcuni istituti di ricerca disorientano la nostra società” ha affermato Baluyevsky, aggiungendo che “il trascurare la sicurezza del Paese viene pagato a un prezzo enorme”. (FA)

Fonte: Ria-Novosti

Ciò che Baluyevsky definisce "evoluzione a livello globale" noi lo chiameremmo "aggravarsi della situazione internazionale".

Crescono le emissioni di anidride carbonica

L'anidride carbonica (CO2) è, lo ricordiamo, il principale gas responsabile del riscaldamento globale che sta portando ad una mutazione irreversibile del clima terrestre. Non può dunque che destare preoccupazione la notizia che negli ultimi dieci anni le emissioni di CO2 nel mondo sono aumentate del 15%. Lo riporta l'edizione 2006 del "Little Green Data Book 2006" edito dalla Banca Mondiale. Più precisamente, si legge nel comunicato stampa che nel 2002 le emissioni di CO2 sono state di 24 miliardi di tonnellate, in aumento appunto del 15% rispetto al 1992. Notiamo che ben un quarto di questo totale è dovuto agli Stati Uniti, e un decimo ai paesi dell'area Euro. E che la Cina è ormai seconda solo agli USA quanto a emissioni, con l'attenuante di avere molti abitanti, ma con l'aggravante di avere una crescita molto rapida.

C'è ben poco da stare allegri a quanto pare, né sembra che il protocollo di Kyoto riuscirà ad ottenere le piccole e largamente insufficienti riduzioni di emissioni che si prefigge. A meno che la crisi energetica non causi una recessione globale con conseguente riduzione dei consumi e della produzione di CO2. A che prezzo però per le popolazioni, se ciò avverrà in maniera catastrofica e incontrollata? Meglio sarebbe iniziare politiche programmate di stabilizzazione dei livelli di produzione e consumo delle maggiori economie, invece di continuare a perseguire una crescita continua che avrà come naturale conseguenza il superamento dei limiti e il successivo collasso.

08 maggio 2006

Attriti tra grandi potenze

La questione energetica comincia a far entrare in rotta di collisione le grandi potenze del pianeta. Dick Cheney è in tournée nell'ex-URSS, a mostrare i muscoli per conto del governo USA. Ma la Russia non intende farsi mettere i piedi sulla testa. Solo le prime scintille del temporale che si va addensando sulle nostre teste.

Da Centomovimenti.com - 6 maggio 2006
Cheney critica Mosca e scatena la bagarre
REDAZIONE

"Non c'è dubbio che un ritorno alle riforme democratiche in Russia genererà maggiori successi per il suo popolo e un più grande rispetto tra nazioni". Il vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney critica il Governo di Vladimir Putin e scatena una crisi tra le diplomazie dei due paesi. Il braccio destro di George W. Bush ha affermato che la democrazia sta arretrando per colpa di Mosca, e non soltanto all'interno della Russia. Il Cremlino fa fare passi indietro alle proprie istituzioni democratiche ed ostacola il progresso della democrazia anche all'estero, ed in particolare nelle repubbliche che un tempo facevano parte dell'Unione Sovietica.

"Nessuno di noi crede che la Russia sia destinata a diventare un nemico - ha tuonato il numero due della Casa Bianca - ma la Russia deve smetterla di usare la fornitura di energia come ricatto. Putin non ha niente da temere dalle democrazie stabili ai confini del suo paese. Gli Stati Uniti sono per esempio determinati a far trionfare la democrazia a Minsk, nell'ultima dittatura d’Europa". Affermazioni che hanno scatenato la immediata reazione del Cremlino. "Quelle di Cheney - si legge in una nota - sono critiche del tutto incomprensibili e soggettive". Ma l'Amministrazione di Washington non ha intenzione di fare marcia indietro. Il portavoce del presidente Bush, Scott McLellan, ha definito le dichiarazioni di Cheney "coerenti" con la linea politica della Casa Bianca che - ha sottolineato - "chiede a Mosca di fare progressi sulla strada delle riforme per lo sviluppo della democrazia".

05 maggio 2006

Vecchi reattori nucleari tornano in attività

A corollario di quanto scritto nel post precedente, leggo la notizia che negli USA è stata riattivata un vecchio reattore nucleare, che era stato chiuso nel 1985 (21 anni fa!!) in quanto ritenuto non sicura dalle competenti autorità. Il reattore, uno dei tre dell'impianto di Browns Ferry sito in Alabama, era stato fermato perché "non adeguato agli standard federali". Secondo alcuni critici, si tratta di un progetto ormai vetusto, che presenta numerosi problemi, inclusa la mancanza di un adeguato sistema di contenimento (ricordate che questo era il problema di Chernobyl, e che ci viene sempre detto che i reattori "occidentali" sono differenti?). Inutile dire che col progredire della crisi energetica vedremo molti ferrivecchi tirati fuori dal cassetto e rimessi in funzione.

Benvenuti nell'epoca dell'insicurezza energetica

L'ultimo post del'ottimo blog petrolio, gestito con maestria della bravissima Debora (e all'occorrenza saccheggiato dai giornalisti di regime), cita un articolo uscito su Newsweek, intitolato "Le guerre per l'energia".
Nell'articolo viene fatta un'analisi molto realistica di come la crescente domanda di petrolio, a fronte di un'offerta che è destinata a calare entro pochi anni per il superamento del picco mondiale di produzione (vedi il sito ASPOItalia per dettagli), è destinata a portare a conflitti per questa risorsa sempre più scarsa, che infatti sempre di più i governi, dalla Russia al Venezuela, cercano di tenere ben salda nelle proprie mani. Vi rimando al commento di Debora, e aggiungo solo che il mondo non sarà più quello a cui eravamo abituati. "Benvenuti nell'epoca dell'insicurezza energetica", dice nell'articolo West, ex dell'amministrazione Reagan e amico di Cheney.
Eh sì, benvenuti. Mentre i popoli obnubilati guardano i reality show, negli arsenali mondiali si accumulano migliaia di tonnellate di armamenti in preparazione al momento in cui occorrerà disputarsi i barili di petrolio. Se avete letto Fahrenheit 451, questa situazione dovrebbe risultarvi familiare. Se non l'avete letto... fatelo!

03 maggio 2006

Estinzioni di massa

Secondo la "lista rossa" della World Conservation Union, sono più di 16.000 le specie animali a rischio di estinzione, riporta Repubblica. Tra esse, l'orso bianco, l'ippopotamo e la gazzella, un terzo degli anfibi esistenti e un quarto delle conifere. Ovviamente, per quelli che guardano solo all'economia e al PIL, la cosa è di poca rilevanza. Ma in realtà la biodiversità è nel lungo periodo essenziale alla sopravvivenza della specie umana. E una specie animale, una volta estinta, non si può ricostituire, è un patrimonio unico perso per sempre.

Nell'ultimo articolo scritto prima di morire, nel 2001, Donella Meadows, una degli autori del famoso rapporto "I limiti dello sviluppo", parla proprio dell'estinzione degli orsi bianchi. Io non condivido il suo ottimismo (ma non oso neanche paragonarmi a lei). Condivido però le lacrime versate dalla sua amica, che dice, nell'apprendere che l'orso bianco è destinato ad estinguersi: "Cosa dirò al mio bambino che oggi ha tre anni?". Già. Cosa gli diremo?

02 maggio 2006

Il Tibet si scioglie a causa del riscaldamento globale

Si sciolgono i ghiacciai del Tibet:

Dal sito di Repubblica
Pechino, 11:54


ALLARME PER IL TIBET, SI SCIOGLIE IL TETTO DEL MONDO. E' allarme per i ghiacciai dell'altopiano cinese del Tibet-Qinghai. Secondo Dong Guangrong, docente dell'Accademia cinese delle scienze, la massa di ghiaccio che ricopre "il tetto del mondo" si sta riducendo del 7 per cento ogni anno per effetto del progressivo riscaldamento del pianeta. Per l'esperto, citato dall'agezia Xinhua, le conseguenze a lungo termine del fenomeno potrebbero essere la scomparsa definitiva della tundra nella zona attorno all'altopiano, che diventerebbe cosi' un'area desertica.
Secondo Dong, cio' potrebbe aumentare il rischio di siccita' e tempeste di sabbia, fenomeni che hanno gia' messo in ginocchio la regione.
L'altopiano del Tibet-Qinghai si estende su una superficie di 2,5 milioni di chilometri quadrati (un quinto del territorio cinese) ed e' una catena montuosa con altitudini in media di 4mila metri sopra il livello del mare. Dai dati del servizio metereologico nazionale, le tempeturature nella zona sono aumentate di 0,9 gradi centigradi negli ultimi vent'anni.
Nel frattempo, qualcuno propone di usare gas derivato dal carbone come combustibile al posto dei derivati del petrolio, ignorando le conseguenze catastrofiche che questo avrebbe sul già pericolante clima globale. Purtroppo di queste affermazioni autolesioniste ne vedremo sempre di più, man mano che il picco della produzione petrolifera farà crescere i prezzi del petrolio.