Uno dei quattro cavalieri dell'Apocalisse si chiama fame. Una parola che oggi qui da noi evoca la necessità di alzarsi dalla sedia e di raggiungere il frigorifero.
Su questo blog abbiamo già parlato del fatto che l'agricoltura moderna è fortemente dipendente dal petrolio, e della possibilità che la crisi petrolifera derivante dal raggiungimento del picco dell'offerta possa avere gravi conseguenze sulla sicurezza alimentare.
Tuttavia, poiché i guai arrivano sempre da dove meno te li aspetti, c'è qualcosa di molto più immediato che si profila all'orizzone: la possibilità che il cibo venga usato, sotto forma di biocarburanti (etanolo, cioè alcool, oppure oli vegetali) per muovere le automobili invece che per nutrire le persone. Questa prospettiva si sta concretizzando ad una velocità spaventosa, e le conseguenze che porterà nel giro di pochi anni potrebbero essere drammatiche.
Ad esempio, un articolo sul Manifesto del 28 marzo 2007 ci informa che nel 2006 ben il 16% della produzione statunitense di mais (gli USA sono il principale esportatore mondiale di mais, e forniscono il 70% del totale delle esportazioni mondiali) è stata utilizzata per produrre etanolo. E questa percentuale salirà al 25% nel 2007, una crescita spaventosa. Per di più, il presidente Bush ha fissato in gennaio un obiettivo molto ambizioso, arrivare a utilizzare nel 2017 35 miliardi di galloni (132 miliardi di litri) di etanolo per autotrazione, così da ridurre del 20% i consumi di benzina. Questo richiederebbe tutto il mais prodotto negli USA, e ancora non basterebbe. Infatti, è già stato siglato un accordo col Brasile per importare etanolo prodotto dallo zucchero di canna. Il presidente Lula giura che questo non verrà fatto a spese dell'Amazzonia, ma si sa come vanno le megaimprese commerciali: davanti alla spinta economica, non c'è riserva naturale che tenga.
Intanto, come abbiamo già menzionato, il prezzo del mais è in aumento, e per le fasce povere dei popoli che lo usano come cereale principale della propria alimentazione, ad esempio i messicani, sono già dolori. Lo conferma anche l'Earth Policy Institute, che parla di prezzi del cibo in aumento anche in India, Cina e USA, anche a causa del fatto che questi paesi stanno aumentando i loro consumi di carne, latte e uova, che richiedono cereali come mangimi per gli animali. Nello stesso articolo si cita il fatto che per parecchi anni il numero di persone affamate nel mondo è andato calando, ma che alla fine degli anni '90 la tendenza si è rovesciata, e tale numero è ora in crescita. In febbraio il direttore del World Food Programme ha dichiarato che 18.000 bambini muoiono ogni giorno di fame e malnutrizione.
Anche il presidente Fidel Castro ha fatto delle dichiarazioni sull'immoralità di usare il cibo per muovere le automobili, e sul rischio che una parte consistente della popolazione mondiale si trovi presto ridotta alla fame. Qualunque cosa si possa pensare di lui, è se non altro un uomo politico che si occupa di problemi concreti e importanti, invece che pensare a vallettopoli e al partito democratico.
A questo scenario va poi aggiunto il problema del calo dei raccolti in seguito al cambiamento climatico, che in futuro potrebbe risultare sempre più consistente. E infine c'è il problema che , con una domanda sempre più grande di cibo per sfamare uomini e persone, le foreste rimaste saranno ben presto rase al suolo. Una analisi di questo la fa George Monbiot in un bell'articolo (in inglese), intitolato "una soluzione letale", di cui si può leggere un sunto sul blog di ASPOItalia. Lo sapevate voi che l'ONU ha pubblicato un rapporto secondo cui il 98% delle foreste pluviali indonesiane saranno state tagliate o degradate entro il 2022, per far posto alle coltivazioni di palme da olio? L'olio di palma è già oggi ampiamente usato dall'industria alimentare occidentale, e con l'avvento del biodiesel la sua domanda sarà sempre maggiore. Il che, oltre alla perdita in sé (ad esempio, gli oranghi sono a questo punto praticamente condannati), riversa nell'atmosfera milioni di tonnellate di CO2 che era immagazzinata negli alberi, peggiorando ulteriormente la situazione climatica.
Un sito in inglese su cui approfondire ulteriormente, e cercare di fare qualcosa firmando petizioni, è questo. Ma soprattutto, è vitale far capire a chi ci circonda che i biocarburanti non sono una soluzione ecologica, sono una catastrofe.
30 marzo 2007
Un cavaliere si profila all'orizzonte
Etichette: agricoltura, clima, energia, povertà
Pubblicato da Deserteur alle 09:59
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