16 gennaio 2007

Carestia?

Non abbiamo ancora menzionato, in quanto trattata abbondantemente dagli organi di informazione, la questione del caldo inverno che il riscaldamento globale ci sta infliggendo.
Vale però la pena di ricordare gli effetti nefasti che una simile alterazione delle stagioni può avere sull'agricoltura. Un comunicato della Confederazione Italiana Agricoltori dice tra l'altro:

Se persisterà l’attuale situazione e se soprattutto non ci saranno piogge e nevicate abbondanti, per l’agricoltura italiana sarà un vero e proprio tracollo. Oltre alla perdita di molte produzioni, anche i riflessi per l’economia nazionale saranno fortemente negativi. Incombe, quindi, minaccioso lo spettro del 2003, “anno horribilis” per il settore agricolo, quando, proprio a causa della siccità, si persero circa 5 miliardi di euro.
Il problema però non sono solo i soldi. A livello mondiale, le riserve di cereali, calcolate in giorni di consumo, sono già adesso ai minimi storici dall'inizio degli anni '70. Quest'anno, se continuerà ad essere così anomalo, potrebbe portare ad un ulteriore calo, rendendo sempre più vicino l'incubo di una carestia di larghe proporzioni (non dimentichiamo che c'è chi già ora vive situazioni di carestia, a causa dell'iniquo sistema economico che fa soffrire la fame anche quando ci sarebbe cibo per tutti).

E forse dovremmo cominciare anche a porci il problema di quanto il nostro paese sia autosufficiente da un punto di vista alimentare. Informazione che, almeno su internet, risulta molto difficile da reperire. Sempre il comunicato CIA ci informa che:
Insomma, una situazione -dice la Cia- allarmante per un settore, appunto quello agricolo, che è già costretto ad affrontare i problemi determinati da una persistente e preoccupante crisi strutturale che l’anno scorso ha ridotto la produzione (meno 2, 8 per cento), il valore aggiunto (meno 3,5 per cento) e i redditi degli agricoltori (meno 4,2 per cento).
Quindi, mentre la situazione climatica si aggrava, la nostra agricoltura va a fondo. Che sia il caso che cominciamo a considerare la possibilità che la penuria di cibo arrivi anche da noi? Quantomeno, è il caso di ricordare sempre che il cibo non nasce negli scaffali dei supermercati, ma nei campi, dove è necessaria una estensione adeguata di terreno (estensione che continua a diminuire a causa della speculazione edilizia), l'apporto del lavoro e dell'esperienza dei contadini, e, allo stato attuale delle cose, una buona quantità di combustibili fossili sotto forma di fertilizzanti, prodotti chimici vari, carburante per i macchinari, ecc. Tutte cose la cui disponibilità non è garantita per sempre.

Ma, certo, è molto più appassionante la costruzione del partito democratico...

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