31 luglio 2007

Lessico

Apprendo dal blog di Galatea che l'espressione "donnine", che avevo usato nel post precedente, è di dubbio gusto, e per di più utilizzata da personaggi a cui non mi piace essere accomunato. In realtà, l'avevo usata, proprio come Cesa, per sdrammatizzare un evento che di per sé non avrebbe avuto niente di terribile, di cui l'unica cosa da stigmatizzare era il fatto che il protagonista fosse uno di quei personaggi sempre pronti a fustigare gli altrui comportamenti. Ci avevo aggiunto l'aggettivo "allegre", nell'auspicio che fosse stata effettivamente una notte piacevole e allegra, almeno prima dell'epilogo.

Purtroppo, leggo oggi su Repubblica che non è stato proprio così. La signora che si è sentita male ha dichiarato tra l'altro "E poi alla fine mi sono sentita male, ho visto delle cose che mi hanno fatto paura".

Ecco, la cosa prende tutto un altro aspetto. Non più così allegro. Come non è allegro che, sempre secondo la medesima intervista, l'on. Mele non volesse chiamare l'ambulanza. Gli concediamo, certo, il beneficio del dubbio, come è doveroso. L'unica cosa che ci sentiamo di concludere è che quella che pareva una goliardata estiva ha assunto contorni foschi, come se l'aria fredda che è giunta ieri sul Nord Est avesse permeato anche la cronaca.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

il tuo "donnine" era di riflesso, quello di Mele/Cesa no, è proprio un sintomo preoccupante. La faccenda, devo ammettere, diventa sempre più squallida. La povera "donnina" in questione ha tutta la mia solidarietà. Tra l'altro, come lavoratrice precaria senza contratto, non ha neppure l'assegno per malattia.

Deserteur ha detto...

Beh, è il duro mestiere del libero professionista... In compenso non è soggetta agli studi di settore: pensa, festino con onorevole chissà quanto farebbe schizzare su il reddito presunto... :-)
No, scherzo, ha anche tutta la mia solidarietà.

Anonimo ha detto...

E la mia, perché il suo lavoro non deve essere stato affatto facile con quel cliente.