17 marzo 2006

Orrori di guerra

La guerra genera orrori, e segna un popolo per generazioni. Dagli orrori della guerra non potranno che nascere altri orrori, in una spirale senza fine. Dovrebbero pensarci i soloni, nostrani e non, che invocano la guerra (umanitaria, preventiva, ecc. ecc., ma sempre guerra) come soluzione, quando la guerra è, più di ogni altra cosa, il problema. Tanto, mica devono andarci loro, in guerra...
Sugli orrori che derivano dalla guerra, può essere salutare la lettura di questo breve articolo:

Il Manifesto, 16 Marzo 2006
IRAQ
I bambini ora giocano da morire
MARIUCCIA CIOTTA

I bambini che giocano sono l'immagine della pace e della felicità e i bambini iracheni che giocano dicono che la guerra contro il dittatore Saddam ha dato i suoi frutti. Ne valeva la pena. George W. Bush sarebbe rincuorato a ricevere una cartolina da Baghdad con la bicicletta da un lato e il pallone dall'altro in un'inquadratura del video distribuito sul web - ultimo filmato-shock che i media internazionali hanno deciso di non diffondere - dove una classe elementare esulta allegra in un campo periferico di Ramadi. I più piccoli, intorno ai sei anni, saltano e gridano mentre si lanciano qualcosa, e la brandiscono ridendo. Zoom: è la gamba di un soldato americano dilaniato da una bomba. Il filmino dura tre minuti e mostra gli scolari gioiosi che intorno a un grosso cratere esibiscono davanti alla telecamera frammenti del veicolo esploso e brandelli di divise dei marines. Qualcuno urla «Allah è grande» e poi i più piccoli si accaniscono sui cadaveri mentre i più grandi, adolescenti di circa sedici anni, cercano di fermarli perché «è vietato dalla religione». Inutilmente, la «festa» continua in un crescendo di eccitazione. Il video si chiude in una frenesia infantile sfrenata che culmina con una gara a chi prende a calci il corpo disfatto di un soldato. Visioni dell'orrore.

Il film ritrovato ieri e di difficile datazione segue ad altri, tra i quali il più recente è stato diffuso qualche giorno fa, dove Al Qaeda fa opera di reclutamento tra i ragazzini delle scuole, li incita a recitare i canti dei mujaheddin, li fotografa con i fucili in mano e infine chiede a qualcuno di loro cosa ne pensa degli Stati uniti. «Gli americani uccidono i bambini» è la risposta. Hanno ragione. Sempre ieri a pochi chilometri da lì, a Ishaqi, i marines hanno attaccato un'abitazione e ucciso cinque piccoli tra gli undici componenti della stessa famiglia, credevano che fosse un covo di Al Qaeda. Sono gli ultimi di una lunga serie.

In Iraq i bambini giocano da morire. Tutti, quelli di Ramadi e quelli di Ishaqi, doppiamente vittime di una stessa lezione di odio. Morti dentro, giocattoli spezzati che se ne vanno per le strade di Babilonia a contare i resti della loro innocenza.

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