Leggo su Ecoblog alcuni commenti all'analisi di Federici, da me citata in un post sulla TAV in Val di Susa, che confronta varie modalità di trasporto (autostrada, ferrovia tradizionale, ferrovia ad alta velocità), tenendo conto dei costi energetici, inclusi quelli per la realizzazione dell'infrastruttura. Contrariamente a quanto comunemente accettato in campo ambientalista, Federici conclude che non soltanto la TAV risulta meno conveniente dell'autostrada, ma addirittura non c'è grande differenza tra autostrada e ferrovia tradizionale.
Anche io ho inizialmente fatto molta fatica a digerire queste conclusioni. Però ripensandoci ho trovato convincente l'idea che il maggior consumo di energia di auto e camion risulta compensato dal fatto che le materie prime e l'energia consumate nella costruzione dell'infrastruttura sono utilizzate in modo molto più efficiente nel caso dell'autostrada che nel caso della ferrovia, dove il flusso di merci e passeggeri è minore.
Certamente, l'incertezza insita in tale tipo di analisi è non piccola, e ci sono cose non tenute in conto come il fattore traffico (giustamente segnalato da Dario), o il fatto che sulle nostre strade e autostrade si verifica ogni anno una vera strage in termini di morti e feriti causati da incidenti. Inoltre è chiaro che, nel caso l'infrastruttura esista già, come per l'attuale ferrovia tradizionale, allora il treno è certamente preferibile al trasporto stradale, cioè il ragionamento vale solo per la realizzazione di nuove infrastrutture.
Io credo che siano due gli insegnamenti da trarre dal lavoro di Federici.
Il primo è che è opportuno, dal punto di vista dell'efficienza energetica, sfruttare le infrastrutture esistenti al meglio, cioè attrezzarle in modo che la loro capacità di trasporto sia più grande possibile, prima di pensare a realizzarne di nuove. Penso in particolare alle ferrovie esistenti, dove sarebbe opportuno investire in ammodernamenti dei sistemi di segnalazione e di automazione, così da aumentare il numero di treni che vi possono transitare. Non parliamo poi di quanto sia disastrosa, in questa visione che considera anche i costi energetici dell'infrastruttura, la chiusura di "rami secchi" ferroviari, che equivale a buttare nella spazzatura un capitale.
Il secondo è che non c'è una bacchetta magica: l'aumento dei flussi di passeggeri e merci ha comunque un costo in termini di energia e materie prime, e non sarà l'uso della ferrovia a mitigarlo, se si rende necessaria la costruzione di nuove ferrovie. Questo ci porta a concludere che il nodo del problema è quello dell'insostenibilità di una continua crescita dei flussi di passeggeri e merci. Occorre mettere in campo accorgimenti che privilegino l'uso di merci prodotte localmente e che riducano gli spostamenti delle persone (ad esempio attraverso il telelavoro). Come dice Grillo (che però ha copiato dall'economista Herman Daly!), invece di far viaggiare i biscotti bisogna far viaggiare le ricette per fare i biscotti. Più in generale, lo snodo è costituito dal superamento del concetto che una crescita quantitativa dell'economia sia una cosa comunque benefica: in un contesto di risorse naturali finite, ad una crescita del PIL possono facilmente corrispondere danni maggiori dei benefici, quando si vada ad intaccare quel capitale naturale costituito da risorse naturali, territorio, materie prime, risorse energetiche.
28 giugno 2006
Analisi comparata dei sistemi di trasporto
Pubblicato da Deserteur alle 09:21
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